PROF. VITTORIO FINESCHI
Professore Ordinario di Medicina Legale, Sapienza Università di Roma, Direttore UOC Medicina Legale e delle Assicurazioni, AOU Policlinico Umberto I di Roma
Il 26 marzo 2025 sono state pubblicate, sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), le Buone pratiche cliniche di valutazione medico legale delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti di invalidità permanente, Società promotrice la SIMLA, con annesso dichiarato elenco degli Stakeholder coinvolti.
Attività pubblicistica, questa della SIMLA, che era nell’aria e che è stata immediatamente accolta con toni trionfalistici dalla stessa Società di cui non possiamo ignorare alcuni passaggi espunti dalle dichiarazioni che provengono da una Società scientifica. Ebbene, dopo aver appreso che si tratta di una operazione “storica”, si legge dal sito SIMLA che si tratta di “Un’azione di gruppo, condotta con metodologia scientifica, privo di condizionamenti esterni in quanto direttamente tutelato da SIMLA giunge a colmare un vuoto importante quale quello della valutazione delle invalidità da 10 al 100% previsti dal Codice delle Assicurazioni…”.
Poiché sul metodo che ha informato questa BPCA entreremo in merito successivamente, adesso ci interessa verificare quanto troviamo scritto, sempre sul sito SIMLA: “L’importanza del documento sta nella sua introduzione nel Sistema Nazionale Linee Guida il che comporta l’obbligo di uso da parte di tutti coloro che si occupano di valutazione del danno a persona specificatamente gli specialisti in medicina legale ai sensi di quanto previsto dalla Legge 24/17 all’art. 5”.
Questa dichiarazione è stata immediatamente ridimensionata, in maniera molto elegante, dall’Avvocato Marco Bona che, riguardo alla presunta obbligatorietà della BPCA SIMLA, così si esprime: “…In altre parole le indicazioni recate dalla TUN medico-legale, assurta grazie al meritorio lavoro della SIMLA, a riferimento imprescindibile ex art. 5 legge 24/2017, in merito, per esempio, alla valutazione del danno in presenza di menomazioni preesistenti e di pregiudizio rispetto allo stato anteriore possono rivestire valore scientifico, ma non già normativo e paranormativo ai fini dell’art. 138…”.
Abbandonata l’idea che la BPCA coniata da SIMLA possa avere carattere di obbligatorietà, entriamo in merito alla costruzione metodologica della stessa ed ai suoi contenuti.
Iniziamo da quanto riportato a pagina 1 del manuale dell’ISS “Indicazioni metodologiche per la stesura di raccomandazioni per le buone pratiche clinico assistenziali” che così recita: “Per Raccomandazioni di Buone Pratiche Clinico Assistenziali (RBPCA) si intendono tutte le raccomandazioni clinico-assistenziali ritenute efficaci, sicure ed appropriate dalla comunità scientifica internazionale, perché basate su solide prove di efficacia, che vengono sviluppate in modo rapido in quanto le tempistiche e/o il budget disponibile non consentono i processi standard seguiti per la produzione di linee guida. Con la pubblicazione delle RBPCA intendiamo offrire un supporto scientifico ai professionisti sanitari su argomenti e questioni sulle quali non risultino ancora disponibili linee guida, come previsto dalla legge 24/2017. La produzione delle RBPCA, prevedendo un processo di revisione sistematica rapida della letteratura, con tempi di stesura limitati a circa 6 mesi, a differenza dei tempi richiesti per la realizzazione di una linea guida, pari solitamente a circa 12-24 mesi, fornisce un supporto altrettanto valido, a condizione che si seguano alcuni principi chiave….Le RBPCA possono riguardare tutti gli aspetti relativi alla pratica clinica e all’organizzazione dei servizi sanitari, quali la prevenzione, diagnosi, terapia, riabilitazione, e follow-up. Tali RBPCA sono sviluppate nelle more della produzione di linee guida, purché siano attentamente prodotte e valutate secondo criteri espliciti”.
Considerato che le precedenti indicazioni SIMLA in tema di valutazione del danno alla persona si fregiavano di essere linee-guida, pur non essendolo secondo i principi dell’articolo 5 legge 24/2017 (ma erano precedenti), evidentemente si è pensato di affrettare il meccanismo di aggiornamento non rischiando il difficile e costoso meccanismo previsto dall’ISS per le linee-guida, accontentandosi di produrre una buona pratica immediatamente fruibile ma, come tutti sappiamo con raccomandazioni subordinate, nella gerarchia dell’articolo 5 della legge 24/2017, proprio alla assenza di linee.-guida.
In verità vi è ancor di più su cui meditare; leggendo sempre l’articolo 5 della legge 24/2017, al comma 1, si può agevolmente leggere: “Gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto,…alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate…In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico
assistenziali”.
Ebbene, mi sembra che occorra veramente meditare su questo specifico punto relativo alle specificità del caso concreto, considerando le caratteristiche dell’attività medico legale in tema di valutazione del danno alla persona che, in effetti, sono molto stressate all’interno della BPCA in quanto più di una volta si richiama la necessaria sartorialità del singolo caso. La unicità della valutazione, la specificità della tipologia di danno, si pensi al danno estetico per cui la BPCA si è arresa all’evidenza della difficoltà, fa sì
che parlare di obbligatorietà della BPCA sembra veramente una temerarietà. Attendiamo con calma la TUN, valutiamone i contenuti e poi verifichiamo la bontà scientifica della stessa senza fughe in avanti in quanto la lettura qualitativa della BPCA SIMLA, cui rimando ad un più articolato commento, sembra mostrare limiti oggettivi, sia formali che sostanziali, che la rendono indubbiamente fragile per darle valore di obbligatorietà.
Ed a proposito di debolezze formali e sostanziali cosa dire della bibliografia citata, che consiste di un allegato di quasi 150 pagine (da 196 a 324), in gran parte definita non pertinente e, nelle ultime due pagine, viene definita “maggiore” ma trattasi di pubblicazioni non peer reviewed, facendo così sfumare la tendenza anglofila della BPCA e dimostrando che trattasi di lavoro basato sullo storico, più che sul nuovo che avanza.
Ma ciò che più manca, ed è un silenzio scientifico assordante, è la totale assenza di multidisciplinarietà delle varie voci di danno con percentualizzazioni che risentono della mancanza di apporti specialistici (basti leggere la parte oculistica, psichiatrica, protesica), ove le percentualizzazioni di lesione e/o menomative, derivano da una visione forse superata dal progresso tecnologico che, nella attuale BPCA non ha fatto ingresso.
Si dirà che sono stati consultati i migliori specialisti dei vari settori ma, così è, nella BPCA non ricorre un solo nominativo di uno specialista che ha congiuntamente lavorato e ciò, nella medicina dell’anno 2025, ci sembra alquanto particolare. Si avverte, leggendo le percentuali attribuite alle varie voci, che siamo ancora non distanti da Como e Perugia ed è mancato quel salto innovativo che una corretta valutazione del danno deve avere, con componente formativa della percentuale strettamente connessa alla sintesi specialistica che è, e deve rimanere ed essere, substrato imprescindibile per una corretta metodologia della valutazione. Purtroppo occorre anche rimarcare che una BPCA deve essere esente da ombre sul potenziale conflitto di interessi e, nel caso che qui ci occupa, difficilmente possiamo dichiarare la trasparenza di un prodotto che dovrebbe essere scientifico quando nella sua elaborazione non si dichiara che hanno partecipato, in maniera importante, fiduciari (anche centrali) di Compagnie assicurative e, forse, si è pensato di rimediare ampliando la rete degli stakeholders pensando ad un bilanciamento ma ottenendo, invece, l’effetto di aver messo insieme un mosaico complesso su cui nessun stakeholder, per dichiarazione della BPCA, ha avuto una sola, singola osservazione da fare. Ed a proposito di stakeholders confidiamo che la consultazione sia stata reale, invocata e non sia valso il silenzio-assenso di averla mandata in visione in attesa di poterla licenziare con il massimo consenso e senza ripensamenti.
L’ultima pagina della BPCA, a questo proposito, è laconica: “NOTE ED OSSERVAZIONI DEGLI STAKEHOLDER – Il documento completo è stato inviato a tutti gli stakeholder che hanno partecipato alla seduta plenaria tenutasi a Roma il 13 aprile 2024: nessuno di loro ha espresso rilievi”. Allora concordiamo: un evento storico!
Quindi chi c’era c’era e chi c’era e non ha parlato ha di fatto acconsentito. Forse, una lettura della BPCA seguita da ampio dibattito sarebbe stata opportuna e non una audacia; ma forse, meglio un clima sovranista.
Non si può a tal proposito anche sottolineare che la BPCA ha avuto revisori esterni (forse ci si riferisce ai lavori tecnici), ma leggendo i commenti non si può non notare la vaghezza dei commenti stessi, senza nessun richiamo ad una vera e propria revisione che, per esser tale, deve entrare nelle viscere delle singole voci, deve scandagliare il metodo selezionato per verificarne la bontà delle valutazioni proprio in riferimento alle elencate fattispecie e, infine, formulare un giudizio di revisione, minore o maggiore, così da realmente contribuire alla bontà scientifica del prodotto. In questo caso solo allineamento concettuale e blandizie.
Chi pubblica, e continua a pubblicare, in riviste peer-reviewed, sa bene che l’accettazione senza minime modifiche è evento raro e personalmente posso dire che spesso i commenti dei reviewers, quando ci imbattiamo in studiosi preparati, sono in grado di migliorare il tuo prodotto scientifico iniziale. Questa, al momento, è la metodologia che sorregge l’ambito pubblicistico internazionale e che non ha trovato, pur con tutti i limiti che le dobbiamo riconoscere, valide alternative.
Infine, molta enfasi si è dedicata alla criteriologia medico-forense, più volte richiamata nella BPCA, forse richiamata anche come ancora di salvataggio allorché la valutazione, metodologicamente, si fa difficile.
Alcuni esempi.
Lo statement 2.3 recita: “Nei casi di quadri menomativi con lesioni multiple coesistenti o concorrenti, è necessario utilizzare un metodo valutativo specifico per valutare in modo globale le menomazioni”.
Le note degli esperti, su questo specifico, attuale ed irrisolto momento metodologico valutativo sono così riassunte a pagina 25 della BPCA:
Note degli esperti del pannello A |
• La specificità si correla alla necessità di valutare: la funzione d’organo (tipicamente dell’arto), piuttosto che la funzione correlata ad apparati, ovvero a sistemi sensoriali; il complesso “globale” della menomazione, e l’approccio che si utilizza, possono essere diversificati ed esplicitati/standardizzati in riferimento alla determinata funzione analizzata. Pertanto, valutazione globale da specificarsi nei suoi meccanismi, e che può cristallizzarsi in profili differenti nei vari organi e sistemi considerati. • Sostituirei nello Statement la parte “specifico per valutare in modo globale le menomazioni” con “che consideri l’incidenza funzionale delle menomazioni in modo globale” • SI “NUOVO CENTO” • Un metodo specifico (ad es. Formula) forse sarebbe più funzionale per il sistema ma non corrisponderebbe mai ad una corretta valutazione specifica per un determinato individuo stante la davvero infinità possibilità di manifestazioni. • Un siffatto metodo accertativo darebbe maggiore certezza di oggettività valutativa in presenza di lesioni multiple. |
Si commenta lo statement ma non si indica né metodo da seguire e neppure come comportarsi in tali casi, a significare che su di un tema su cui ormai è univoca la giurisprudenza (concorrenze preesistenti) non si entra nel merito neppure successivamente. Infatti, a pagina 45 si affronta lo specifico problema valutativo senza fornire indicazioni condivise o suggerimenti operativi quali emergono da letteratura medico-legale. Solo una frase è di pratica attualità ma l’abusato sostantivo “sartorialità” tutto dice ma nulla spiega. Si legge: “Qualora poi la menomazione da valutare travalichi il distretto leso e determini una incidenza negativa sul complessivo funzionamento del danneggiato, si dovrà ricorrere ad una valutazione “omnicomprensiva” di tipo sartoriale, verificando in che misura si sia ridotta la capacità del leso di compiere gli atti della sua vita quotidiana, ossia quelli che, nonostante le disabilità di cui era già portatore, era in grado di compiere prima dell’evento lesivo di cui è rimasto vittima”.Dobbiamo così definirlo come un metodo pilatesco che vanifica la buona intenzione di sollevare, e magari risolvere, la spinosa questione che rimane in pratica irrisolta e rimessa al singolo valutatore.