Nonostante le T.U.N., la quantificazione del pregiudizio non patrimoniale costituisce il vero problema della responsabilità civile del XXI secolo

Nonostante le T.U.N., la quantificazione del pregiudizio non patrimoniale costituisce il vero problema della responsabilità civile del XXI secolo.

Prof. Giulio Ponzanelli

già Ordinario di Istituzioni di Diritto Privato presso la Facoltà̀ di Giurisprudenza, dell’Università̀ Cattolica del Sacro Cuore, Milano

 

1. Una breve introduzione

L’entrata in vigore delle TUN è davvero una buona occasione per rappresentare, attraverso una pièce teatrale, l’evoluzione della responsabilità civile dal 1942 ad oggi.
Un cammino di 83 anni che vede ormai, con solare chiarezza, il tema della quantificazione del danno non patrimoniale come il vero problema della responsabilità civile italiana.

Anche i due aspetti che dal 13 gennaio 2025, cioè dall’entrata in vigore del regolamento n.12, hanno maggiormente suscitato l’interesse – e soprattutto una copiosa applicazione tra i giudici di merito – la retroattività delle TUN e la loro capacità di divenire criteri generali di liquidazione del danno non patrimoniale anche fuori dalla r.c. auto e dalla r.c. medica, confermano chiaramente che il punto centrale oggi è costituito dalla quantificazione (si è chiesta e si chiede la retroattività delle TUN perché per quella lesione le Tabelle Giudiziali pre-TUN prevedevano di meno, e viceversa).

Il problema della quantificazione era completamente sconosciuto agli albori della Codificazione. La quantificazione non era un tema elegante, da trattare su basi scientifiche, in un ambiente improntato al massimo formalismo.

Un primo libro che affronta il “Quantum” è una raccolta di 1000 casi, curata da un accademico (Monateri) e da un avvocato (Bellero). Fu un’iniziativa editoriale che ebbe grande successo, ma in seguito la strada verso una quantificazione del danno rigorosa e scientifica non fu più praticata. Qualche intervento e qualche nota, nulla di più.

2. La “non stagione” della responsabilità civile (1942-1970)

Nei primi trent’anni di vita del codice, la responsabilità civile è una semplice epifania dell’illecito penale. Funzione sanzionatoria, rigorosa tipicità, necessità della colpa, obbligatoria lesione del diritto soggettivo assoluto, danno non patrimoniale solo in presenza di un reato.
Insomma, una vera e propria epifania della responsabilità penale.

Figuriamoci se Adriano De Cupis – per citare l’autore dei volumi allora più diffusi – avrebbe mai potuto dedicare qualche attenzione al tema della quantificazione.

3. La stagione delle frontiere: nuovi, nobili, mobili (1970-1995)

La responsabilità civile cresce di peso e di sostanza, soprattutto intellettuale, negli anni Settanta: si parla di frontiere che sono nuove (Busnelli), mobili (Galgano) e nobili (Castronovo).

Dalla funzione sanzionatoria si passa ad una riparatoria; dall’esame della posizione del danneggiante l’occhio dell’interprete si sposta sul danneggiato; dalla colpa come unico criterio di imputazione della responsabilità si passa alla responsabilità oggettiva; dalla lesione del diritto soggettivo assoluto alla lesione del diritto soggettivo relativo, seguita dall’interesse legittimo e dalle situazioni di fatto.
Per finire con il danno non patrimoniale, che cerca di superare in via interpretativa le limitazioni dell’art. 2059, non essendo più solo danno morale, ma con il riconoscimento del danno biologico.

Nessun approfondimento ulteriore viene però svolto sul tema della quantificazione, se non per i rischi collegati al riconoscimento del danno biologico, considerato dagli assicuratori come un nuovo tipo di danno e non come una razionalizzazione costituzionale del danno alla persona, in grado quindi di aumentare in modo potenzialmente illimitato i costi assicurativi.

4. La stagione della felicità e dell’utopia: il danno esistenziale (1995-2008)

La “cavalcata” della responsabilità civile non sembra fermarsi più: dopo la lettura costituzionale dell’art. 2059, la fine del ventesimo secolo e la prima decade del ventunesimo conoscono la grande tensione della risarcibilità del danno esistenziale, distinto dal danno biologico e dal danno morale.
È considerato come il pregiudizio che deve essere risarcito ogniqualvolta si verifichi una modificazione peggiorativa della vita, diversa dalla salute e dal dolore.

Si risarcisce tutto, o quasi tutto, senza il necessario supporto scientifico della medicina legale, chiamata a distinguere tra pregiudizio e disgrazia.
Si ha la sensazione di vivere nel paese dei balocchi, dove la responsabilità civile – costi quel che costi – è chiamata ad inseguire sogni utopici e ad assicurare a tutti un momento di felicità.

Poi vengono introdotte delle limitazioni, ma davvero la società italiana ha pensato per alcuni anni di utilizzare la somma di denaro del risarcimento come una sorta di balsamo riparatorio, epifania fortunata di un sottoprodotto del welfare state.

5. La stagione delle guerre giurisprudenziali tra Corte di Cassazione, Milano e Roma

La quantificazione del danno alla persona, soprattutto nella sua declinazione di pregiudizio non patrimoniale, assume una posizione centrale solo alla fine del ventesimo secolo.
Le tabelle giudiziali nascono per garantire uniformità di giudizio e per assicurare un risarcimento giusto, coerente con il principio di integrale riparazione del danno, che pur non gode di una espressa garanzia costituzionale.

Le tabelle sono la conseguenza della natura fortemente giurisprudenziale delle regole di responsabilità. Ma mentre il legislatore è uno – le Regioni non hanno competenze di diritto privato generale – le giurisprudenze sono molteplici, e infatti nascono e si consolidano diverse tabelle che prevedono risarcimenti differenti.
Spetta quindi ai giudici di Cassazione, come oracoli del diritto, dire quale tabella attui ed esegua il risarcimento “giusto”.

La Cassazione sceglie inizialmente le tabelle milanesi, che hanno una lunga storia e un’estensione maggiore, poi cambia opinione, “bacchettando” Milano e strizzando l’occhio a Roma.
Così facendo, mette in mora il legislatore, che già dal 2005 avrebbe dovuto attivare le TUN, ma aveva preferito non ledere l’autonomia del potere giudiziario, considerando quanto la responsabilità civile sia stata principalmente il prodotto della giurisprudenza.

6. La stagione del realismo: le Tabelle Uniche Nazionali (Regolamento n. 12 del 13 gennaio 2025)

La pericolosa pluralità delle tabelle giudiziali lascia finalmente il passo alle TUN, entrate in vigore il 5 marzo scorso.
I problemi più dibattuti in questo periodo riguardano proprio la valutazione di conformità del regolamento delegato al contenuto della legge delega.

In particolare, nel passaggio da un sistema di tabelle giudiziali ad uno di tabelle nazionali, ci si è chiesti se la legge delega imponga o meno un vincolo – efficacemente chiamato di “non regressione” (M. Rossetti, Il danno alla salute, 3ª ed., Padova, 2025, p. 677-680) – rispetto al livello di risarcimento riconosciuto dal sistema delle tabelle giudiziali, e se le scelte effettuate dal regolamento rispettino gli obiettivi centrali indicati dall’art. 138 del Codice delle Assicurazioni.

Il primo interrogativo riguarda la pluralità delle tabelle giudiziali: il legislatore ha imposto di “tenere conto” dei criteri di valutazione del danno non patrimoniale giudicati congrui dalla giurisprudenza di legittimità.
Ciò significa che le tabelle nazionali non possono soddisfare i diversi livelli di risarcimento presenti nelle varie tabelle giudiziali, ma non per questo possono essere considerate illegittime perché “regressive”.

È importante ricordare che il principio di integrale riparazione del danno non gode di garanzia costituzionale; dunque, il legislatore può sempre fissare un livello risarcitorio più basso in presenza di chiari interessi pubblici, come affermato dalla Corte Costituzionale con la decisione n. 235 dell’ottobre 2014.

D’altra parte, il riconoscimento della pienezza del risarcimento deve misurarsi con l’esigenza dei costi di un sistema in cui la responsabilità civile è sempre più assicurata.
In questa prospettiva, la scelta dell’art. 138 Cod. Ass. rappresenta un bilanciamento di interessi che attua una scelta transattiva, sottraendo parzialmente al giudice il potere equitativo di determinazione del danno.

7. Qualche conclusione

Le TUN non potevano non far discutere: non solo perché non hanno risolto tutti i problemi – come il danno morale in correlazione con il danno psichico, o le sorti del danno parentale – ma anche per l’elaborazione dei baremes medico-legali per le macro-invalidità dal 10 al 100%.

I problemi sollevati evidenziano la centralità della quantificazione del danno e confermano il contrasto nella società italiana tra una determinazione del danno ex ante ed una ex post.
Se le TUN non verranno giudicate norme o criteri generali, destinate cioè ad essere applicate in tutti i casi di lesione della salute anche fuori dalla r.c. auto e dalla r.c. medica, ci sarà spazio di nuovo per un intervento ex post del giudice ex artt. 1226 e 2056, oppure le tabelle giudiziali dovranno chiarire se i criteri da esse accolti originariamente per la r.c. auto possano estendersi ad altri settori della responsabilità civile.

EVENTO ACCREDITATO PER

MEDICO CHIRURGO (tutte le Discipline) – ODONTOIATRA
2,4 CREDITI ECM.

8 CREDITI FORMATIVI PER AVVOCATI
Accreditato presso Ordine degli Avvocati di Roma 

Società Scientifica Melchiorre Gioia

Via Natisone, 18 – 56122 Pisa (PI)
+39.050.875.68.50
info@melchiorregioia.it – info@pec.melchiorregioia.it
C.F. 93084860506

Presidente

Dr. Giovanni Cannavò

Seguici sui social

Newsletter